Scritti di Sergio Bianco nel dominio dei Simboli.

Fermo al semaforo, rifletto su un simbolo incoerente.

 

Parco-Portofino-Logo

 

Sono cresciuto con Carosello.
Ho sempre apprezzato
l’opera di Armando Testa
e le sue invenzioni
semplicemente geniali
che precedevano,
quando ero bambino,
l’ora dei sogni d’oro.

Adesso c’è la discendenza
del grande Armando Testa
che opera con successo
nel mondo della pubblicità.

L’altro giorno ero fermo al semaforo
e sentivo che il simbolo
che avevo appena visto
non era coerente
con la filosofia e i valori dell’Impresa.

Non ero fermo
a un semaforo comune.
Ero fermo al Semaforo Nuovo,
posto strategico
che si raggiunge
percorrendo i sentieri
del Parco di Portofino.

Dal Semaforo Nuovo
domini il mare di Liguria
che, a volte, esploro con la mia canoa.
Domini San Fruttuoso e Cala dell’Oro,
area protetta
che custodisce il Tesoro del Silenzio.

Il marchio in questione
è il Marchio del Parco di Portofino,
progettato dallo Studio Testa
diversi anni fa.

Vi invito ad esaminare questo marchio
in virtù dei codici della Logogenesi.

Il logo comunica sempre,
nel bene e nel male.
Il Logo può essere, se forgiato ad arte,
il moltiplicatore esponenziale
di visione e valori d’impresa
oppure, se disegnato in modo maldestro,
può andare contro
gli interessi dell’impresa stessa.

Di conseguenza, invito tutti,
autori, dirigenti e osservatori,
a esaminarlo in modo onesto.

L’idea è semplice e significativa.
Tre onde del mare disegnano un albero
in forma di P, lettera iniziale di Portofino
e anche del Parco.

Peccato che l’albero
sia una P rigida,
disegnata intingendo il pennello
nell’acqua sporca.
Ecco il difetto principale
di questo Simbolo.

Il tratto sporco che mescola
il nero e il marrone del tronco
con il blu del mare
non è limpido.
Tale caratteristica
depotenziante e inquinante,
è una mancanza di coerenza grave
per un simbolo
che rappresenta un Parco naturale
con riserve protette
e scenari di natura incantevoli.

Non c’è divisione dei colori
che consentano
la perfetta riproducibilità
del simbolo a un colore.
La versione monocromatica
è necessaria nella comunicazione pratica,
snella, efficace ed economica.
La versione a un colore è utile
quando il simbolo è ricamato su una polo,
quando è realizzato
in forma di minuscola spilla
da portare sul cuore
o quando è stampato in rilievo
oppure quando è riprodotto con sagoma stencil
come un segnale tracciato su una pietra.

Manca inoltre lo studio
delle parti interne del simbolo,
le aree bianche
presenti all’interno dell’albero
le quali, anziché evocare
figure significative,
non contengono alcun messaggio.

L’immagine doppia
è il principio base
della forza memorabile di un simbolo
perché, nel contrasto armonico
tra spazi negativi e positivi,
racchiude il codice dell’emozione,
del segreto e del racconto.

Il carattere è un font di serie
utilizzato in modo scolastico
senza curare
la distanza equilibrata tra le lettere
(o e f sono troppo attaccate)
e senza creare
le dovute varianti distintive.
La P presente nel simbolo,
disegnata con base rigida,
è diversa dalla P iniziale del Nome.

A questo punto,
visto che il Logo in questione
è opera dello Studio Testa
mi limito a segnalare il fatto
con spirito costruttivo.

Il restyling del logo
può essere eseguito dagli stessi autori
mantenendo la riconoscibilità
ed eliminando i difetti riscontarti
se li riconoscono come tali.

Da parte mia sarò felice
di fermarmi al semaforo
contemplando le meraviglie della natura
anziché rimuginare sul rosso,
sui simboli depotenzianti
che danneggiano la comunità
proposti ed approvati senza conoscenza.

Sergio Bianco, Logogenesi

 

 

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