Scritti di Sergio Bianco nel dominio dei Simboli.

Storytelling di Natale. Sogno di un pezzetto di ferro. Parte 1.

 

Incisori-logogenesi

 

Nel libro “Logogenesi“,
alla sezione dedicata al racconto,
appare questa favola
creata nel primo anno del nuovo millennio.

Nella versione originale stampata,
ogni personaggio si esprime
con carattere tipografico diverso,
così come accade con la voce.
In questo articolo, invece,
il font resta uguale
e potete immaginare, se volete,
le variazioni di voce e di carattere.

È una storia di Natale ideata
da Stefano Zaccaria
con la mia supervisione letteraria.

Visto che la storia si sviluppa
tra la vigilia di Natale e Santo Stefano,
la pubblico in due puntate.
Ecco la prima.

 

L’INCREDIBILE STORIA DI GABRIELE,
PEZZETTO DI FERRO CHE REALIZZÒ
IL PROPRIO SOGNO
NELLA MAGICA BOTTEGA

DEGLI INCISORI FIORENTINI.

Era il 24 dicembre del 1936 e,
come tutte le sere, agli otto rintocchi
della campana della Certosa,
Rinaldo, di mestiere incisore e stampatore,
ripose sul tavolo occhiali
e attrezzi da lavoro.

Poi, indossato il giaccone, spense la luce,
si tirò dietro la pesante porta di rovere
e s’incamminò verso casa
con gli occhi un poco affaticati
dal lungo e paziente lavoro.

Nella bottega rimase il silenzio,
l’odore degli inchiostri
e della limatura di ferro
e, sul bancone, un pezzetto di ferro
squadrato e levigato,
dimenticato lì per caso.

A un tratto, come per magia,
il pezzetto di ferro si alzò ritto sul bancone
e, con fare curioso, prese a muoversi
verso la cassetta degli attrezzi.

Tra questi, uno era ancora sveglio
e non appena vide
il pezzetto di ferro avvicinarsi,
così lo apostrofò:
o bischero, dove pensi di andare?

Il pezzetto di ferro si bloccò
e tutto tremante rispose:
Vò cercando un pò di compagnia, Signore…
ero rimasto solo sul banco di lavoro,
ho pensato bene di farmi un giretto,
ma Voi chi siete, Signore?

Mi chiamo bulino, per gli amici Punta Secca,
ma tu chiamami pure Signor Bulino.

Piuttosto tu, bischerino di ferro, come ti chiami?

Passarono alcuni istanti di silenzio,
poi, singhiozzando, il pezzetto di ferro rispose:
Non ho un nome,
nessuno me ne ha mai dato uno.
Sono figlio di quella sbarra di ferro
che sta sotto il banco.
È una madre snaturata la mia,
che mai si è preoccupata di darmi un Nome.

Il pianto quasi commosse Punta Secca
che subito si ricompose
e con voce risoluta ordinò:
Pezzetto di ferro,
non piangere chè arrugginisci,
sdraiati qui, di fronte a me!

Punta Secca si avvicinò
fischiettando un motivo anni Trenta
e su queste note il pezzetto di ferro
cadde in un sonno profondo.

Punta Secca si sollevò e,
volteggiando nell’aria,
prese a incidere con maestria
la superficie liscia del pezzetto di ferro.

Dopo alcune ore di sapienti volteggi,
Punta Secca terminò il suo lavoro,
lo riguardò con aria soddisfatta
e se ne andò a riposare.

Al cantar del gallo
il pezzetto di ferro si risvegliò,
proprio davanti allo specchio
che il buon Rinaldo utilizzava
per rileggere il testo inciso al contrario.

Con grande stupore il pezzetto di ferro
si vide riflesso come mai era accaduto prima.

C’é qualcosa in me!
C’é qualcosa scritto su di me! Evviva!
Da oggi anche io ho un Nome,
e che bel nome:

Gabriele… Gabriele D’Annunzio.

Fine della prima parte.
La favola continua domani.
Buon Natale!

Sergio Bianco #logogenesi

 

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