Scritti di Sergio Bianco nel dominio dei Simboli.

Michelangelo e il sacrificio doppio di Agnolo Doni

 

 

Il Tondo Doni di Michelangelo
è un capolavoro assoluto
della pittura rinascimentale.
È stato dipinto dal Maestro intorno al 1507
ed è conservato a Firenze
nella Galleria degli Uffizi.
È un dipinto a tempera grassa
su tavola circolare diametro cm 120.
La cornice originale,
disegnata per mano del Maestro,
è scolpita da Francesco Del Tasso,
uno dei più valenti
artigiani del legno di Firenze.
Agnolo Doni, ricco mercante di stoffe
e mecenate fiorentino
lo ha commissionato
per celebrare la nascita di sua figlia.
Simbolicamente, il tondo evoca
la rotondità del ventre materno.

Siamo dinnanzi ad una pittura scultorea.
La Madonna, San Giuseppe e il Bambino
formano un blocco unico
colto in una torsione mirabile,
come se la composizione delle tre figure,
staccata dagli ignudi dello sfondo,
girasse su se stessa
su una base rotante immaginata.
Cerchi nel cerchio.

La consegna del quadro
contiene un aneddoto bizzarro
che ci è stato raccontato dal Vasari,
storico aretino.

Al termine dell’opera,
Michelangelo la affida ad un garzone
che la consegna a Messer Doni in persona.
Il pagamento richiesto è 70 ducati.
Agnolo Doni trova il prezzo esagerato
e restituisce il tondo al mittente
proponendogli 40 ducati.
Allora Michelangelo,
“visto che 70 al Doni non gli garba”,
comunica il nuovo prezzo
da versare in cambio del suo capolavoro:
140 ducati, ovvero il doppio.
Agnolo Doni accetta
e il quadro trova la sua nuova casa.

Alcune considerazioni.
La prima.
Il tondo Doni
è l’unica opera pittorica trasportabile di Michelangelo.
La sua circolarità simbolica
comprende il suo destino
di rotolare avanti e indietro,
in attesa di un accordo.
In presenza di un affresco
per Michelangelo sarebbe stata dura…

La seconda.
Oggi, nonostante le ricchezze accumulate in terra,
ben pochi saprebbero dell’esistenza
di Agnolo Doni che invece entra nella storia
e nella memoria collettiva
proprio grazie a Michelangelo,
a Raffaello, autore di due ritratti di famiglia,
e alla loro arte immortale.
La bellezza è quindi generatrice di ricchezza
in senso spirituale e materiale.

La terza.
Michelangelo è consapevole della sua grandezza
e del valore della sua opera.
È come un atleta
che, ogni volta. è capace di correre
i cento metri piani in otto secondi.
Lui non deve fare il modesto.
Non gli serve la medaglia olimpica
o il riconoscimento di altri.
Lui è consapevole.
Quel tempo è il record del mondo
e Lui lo sa.

La quarta.
Oggi il Tondo Doni
è la prima opera a essere venduta
con tecnologia DAW (Digital Art Work)
copia digitale certificata,
con il consenso e la consacrazione del Museo.
Prezzo al cliente: euro 240.000.
Si tratta di una tecnologia avanzata
che riproduce le pennellate, gli spessori materici
e ogni minimo dettaglio
generando una copia del tutto simile al vero,
respiro dell’artista escluso.

La quinta.
E qui si entra nell’immaginario.
La contrattazione del prezzo
tra Michelangelo e Agnolo Doni
è stata raccontata dal Vasari,
ma l’unico testimone che sapeva esattamente
come sono andate le cose
suppongo sia stato il garzone.
Immagino sia stato lui
a raccontare la storia al suo babbo…
e il suo babbo a Cioni il fornaio
e il Cioni alle lavandaie del lungarno.
la prima radio libera di Firenze…

Magari è stato perfino lui, il garzone,
a suggerire al Maestro
la strategia esatta:
“Ovvia Maestro, non fare il bischero,
quello è ricco sfondato,
chiedetegli il doppio”.
Poi c’è un dettaglio da chiarire.
Quel giorno pioveva?
Faceva caldo?
Come è stato consegnato il quadro?
A bordo di un carro oppure a mano?
E nel tragitto di andata e ritorno
il garzone si è fermato a bere un sorso di chianti?
E ancora…
Durante il tragitto
la Madonna dipinta guardava il cielo di Firenze
o vedeva a balzi il selciato polveroso
oppure ha annusato
l’ascella ruspante del garzone?

Oltre a questi aspetti terreni
ci sono altri destini
che uniscono l’opera quotidiana alle stelle.
Nella mia visione
il Cliente è il tramite
che consente all’artista di generare bellezza.
Il vero committente
non è di questa dimensione.
Si è servito di Agnolo Doni,
ricco, potente e ambizioso,
per generare quella bellezza
che è nutrimento di esseri fortunati.
Paradossalmente l’agnello ha fatto il sacrificio.
Sacrificio doppio.
Mentre nel panificio il Cioni faceva il pane,
nel sacrificio il Doni ha fatto la cosa sacra.

Sergio Bianco Logogenesi

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Un pensiero riguardo “Michelangelo e il sacrificio doppio di Agnolo Doni”

  1. Nicola Pisani ha detto:

    Grande abilità di narrare i retroscena di un’opera d’arte rinascimentale svelando significati profondi, connessioni con la storia, la tecnologia e la comicità bizzarra della natura umana.

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