Scritti di Sergio Bianco nel dominio dei Simboli.

I Portici di Bologna, architettura dell’anima.

 

Bologna-portici

 

I portici di Bologna
sono un esempio pragmatico e concreto
di progetto architettonico
che forgia l’anima.

L’anima di chi?

L’anima di una città e di chi la vive,
naturalmente.

Alcuni amici mi hanno raccontato
che i portici di Bologna
si sono sviluppati
sulla base di una regola,
un progetto con visione olistica.

Nel 1288
un bando del Comune di Bologna
stabilisce che le nuove case
debbano essere costruite con un portico
e stabilisce che i proprietari
delle case esistenti
si debbano attivare per edificarlo
secondo determinati canoni.

L’altezza di 7 piedi bolognesi,
pari a 2,66 metri,
consentiva l’agevole passaggio
di una persona a cavallo.

I portici di Bologna,
candidati a diventare
patrimonio Unesco dell’umanità,
si snodano per 38 km,
solo nel centro storico,
e generano un equilibrio
tra proprietà privata e
e spazi donati alla comunità.

Un dono reale,
non effimero come una tassa che paghi
senza riscontrarne il vantaggio.

Una partizione generosa
che crea uno spazio comune,
riparato dalla pioggia,
dove le persone  possono sviluppare
attività commerciali,
botteghe, imprese artigiane.

I portici sono fiumi di parole,
materia e luce,
ritmo cadenzato di volta in volta,
passaggio di tempo.
I portici sono archi
che scoccano frecce luminose
dirette al settimo cielo.

Il progetto architettonico, quindi,
attraverso una semplice regola
ha forgiato il carattere,
l’anima di una città.

Nel dominio dei Simboli
magari occorrerebbe un bando comunale
come è avvenuto nel 1288,
per eliminare l’invasione dei segni depotenzianti,
per ristabilire l’energia del silenzio
e ritrovare l’anima.

Sergio Bianco, #logogenesi.

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