Scritti di Sergio Bianco nel dominio dei Simboli.

Traforo del Bianco: manualità, gioco, gesto e mestiere.

Uno dei primi regali
pensato per mio figlio Francesco
è stato un traforo
per tagliare il legno.

Quando i suoi amici lo invitavano
alle prime feste di compleanno
lui si presentava con un dono unico:
una racchetta da ping pong
creata ad arte con il suo traforo ad arco.
La lama del seghetto è sottile
e si può spezzare facilmente
finché il bimbo falegname non impara
a muovere l’archetto in verticale,
usando con maestria la velocità fluida
senza esercitare la minima forzatura.
Anche l’orecchio, ovvero il suono,
ti suggerisce se stai operando in modo corretto.
Poi, con il pirografo,
il nostro eroe imprimeva a fuoco la sua iniziale,
una F girata al contrario:
la necessaria variazione distintiva
applicata al dominio dei simboli.
Anche le tavolozze
che uso ancora oggi per dipingere
sono create da lui.
Non è solo questione di taglio.
La passione e la bellezza dell’oggetto
si rivelano nella levigatura del pezzo:
raspa semitonda, raspa piatta,
carta vetro spessa
fino a concludere l’opera
con la finitura più morbida.

Avete presente nel film Aviator,
diretto da Martin Scorsese,
quando Leonardo Di Caprio / Howard Hughes
accarezza la fusoliera
del prototipo del suo aeroplano?
Ebbene, la levigatura
unisce l’arte erotica della carezza
con la passione per il proprio mestiere
e per i gesti semplici.
Il mestiere ha origine dal gioco.
Nel gioco il bambino si costruisce il futuro.
I giochi non si comprano: si inventano.
Tuttalpiù si compra l’origine infinita del gioco,
in questo caso, il traforo.
Nel prezzo di crescita
è compresa anche la segatura:
la raccogli da terra dopo il taglio
e la bottega ritorna stanza.

E quel bambino cosa fa ora?
Si è laureato in design engineering
e opera nel settore come libero professionista.
Il futuro si forgia.

Qualche giorno fa
ho sentito l’impulso
di tornare a lavorare il legno.
Ho disegnato su una tavola di compensato
il motivo dei celesti volieri
e poi ho tagliato e rifinito il pezzo a mano.
Le macchine a controllo numerico
generano un taglio perpendicolare perfetto.
In questo caso
l’arrotondamento manuale
e ogni naturale imperfezione
generano una variazione benefica,
una sorta di fuga dall’intelligenza delle macchine.
Le curvature del legno
lavorato a mente aperta,
diventano percorsi del pensiero,
simboli da decifrare,
sentieri di parole immaginate,
carteggi di filosofia.

Mi piace pensare che in fondo al traforo
ci sia la luce
e che il traforo stesso
sia una galleria d’arte contemporanea
che racchiude una bellezza rara, preziosa,
in via di estinzione.

Il futuro non si compra, si inventa.
Gli asili sono il terreno più fertile.
Dopo è troppo tardi.
Bambini che crescono senza gestualità
applicata all’arte, alla libera espressività
o alla pratica manuale
sono e saranno esseri aridi,
rigidi, senza gioia
e facilmente governabili.

Concludo l’articolo
con un nobile gesto
rivolto a chi, nei programmi scolastici,
nell’educazione familiare
e nella coltivazione delle gemme preziose
non considera il necessario equilibrio
tra anima, immaginazione, manualità e tecnologia.
Tale gesto, che evoca l’ombrello,
si può fare in due modi.
Digitando sulla tastiera
la lettera J seguita da tre punti esclamativi,
oppure in modo tradizionale,
così come appare nel film i Vitelloni
per mano e per braccio di Sordi,
il nostro amato Albertone nazionale.

Voi quale preferite?

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